Tracce di relazione nel percorso con i bambini autistici.

Sentieri interrotti (Holzwege) è un libro scritto da Martin Heidegger nel 1968 che tratta tematiche relative alla filosofia estetica e all’arte.
‘Holz’ è un’antica parola per dire bosco. Nel bosco (Holz) ci sono sentieri (Wege) che sovente ricoperti di erbe, si interrompono improvvisamente nel fitto.
Si chiamano Holzwege. 
Ognuno di essi procede per suo conto, ma nel medesimo bosco. L’uno sembra sovente all’altro: ma sembra soltanto.
Legnaioli e guardaboschi li conoscono bene. 
‘Essi sanno cosa significa ‘ trovarsi su un sentiero che interrompendosi, svia’*

Queste ‘immagini’ mi hanno riportato ad eventi che mi sono accaduti nel lavoro come educatore scolastico, come psicologo e nelle mie esperienze personali.
In particolare ad una scena che ho visto insieme alla mia compagna, alcuni mesi fa.
Ci troviamo a Gjon, Asturia, nel bel mezzo del Cammino del Nord, direzione Santiago de Compostela.
Ci prendiamo una serata ‘di riflessione’ per decidere che cosa fare. Continuiamo? Facciamo stop e torniamo in Italia?
La stanchezza si fa sentire. E siamo sconfortati dal fatto che mancano ancora 400 km all’arrivo a Santiago.
Decidiamo di rilassarci e andiamo a comprarci da mangiare e da bere.
Vogliamo stare all’aperto, su una panchina. La serata è calda, si respira un’aria allegra. E’ una città dove la gente passeggia fuori fino a tardi, clima ideale, mare.
Preso il cibo, ci dirigiamo in una panchina che si trova proprio sotto una piazzetta, leggermente sopraelevata rispetto alla nostra posizione.
E’ circondata da palazzoni, che la nascondono un po’.
Da una parte ci sono alcuni signori e signore anziani che mangiano all’aperto, come noi. Sembrano felici e mi immagino che abbiano passato tanti momenti insieme in quel posto. Dialogano, ridono, scherzano.
Sentiamo alcune voci dietro di noi
Vediamo nella piazzetta antistante ad una chiesetta, un ragazzo giovane, vestito da lavoro, che gioca insieme ad una bambina con una bottiglietta piena d’acqua
C’è qualcosa in questa scena che mi colpisce, e che non riesco subito a mettere a fuoco.
La bambina si diverte a fare rotolare in discesa la bottiglietta. Il papà si trova appena sotto di lei, pronto a prendere la bottiglia che sta arrivando.
La bimba dice ‘Oye papà (senti papà!!)’ e il papà ferma la bottiglietta che arriva. Quando la bottiglietta arriva, il papà la blocca e lei scoppia in una fragorosa risata. Anche lui ride divertito. Sembra felice nonostante la stanchezza, forse, di una giornata di lavoro.
Io e la mia compagna siamo silenziosi, ci guardiamo, siamo emozionati. C’è qualcosa di magico.
Il gioco riprende. Sempre uguale, non ci annoia. Il papà si sta divertendo. E la bimba anche. Un gioco semplice, immediato, reciproco.
Mi vengono in mente alcuni bambini che seguo nel mio lavoro. Paolo, Luca, Alessandro, Simone
Anche loro sono un po’ così.
Alessandro sale e scende da una discesa, in piena estate, di corsa. Non si fermerebbe mai forse.
E’ magro come un chiodo e saltella come un grillo su e giù per la discesa. Ride e si diverte.
E’ un gioco semplice. Io sto li con lui. E a volte lo seguo, a volte gli lancio la palla, a volte il cappello.
Lui fa tutto da solo. Quasi sempre. Difficile inserirsi nei suoi giochi .
Vicino alla discesa c’è un campo da basket.
Ci passiamo un po’ la palla, io faccio un tiro a canestro. Poi lui.
Dentro di me esulto, penso che ce l’ha fatta a fare qualcosa di ‘reciproco’ con me.
Dopo quel breve momento di contatto, si allontana. Tento di raggiungerlo, cerco di passargli la palla. Ma niente, lui se ne va.
Rimango, per un attimo, a interrogarmi, da solo. ‘L’ho perso’ penso.
C’è come una forza misteriosa che lo riporta alla discesa.
Lui torna a correre su e giù per la discesa, felice.
Poi ancora riusciamo per brevissimo tempo a tornare nel campo da basket, ci passiamo la palla e poi lui se ne va di nuovo.
Torno a guardare quel papà e quella bambina. La magia, sta nella relazione che si percepisce tra di loro.
Il padre è disponibile, autentico nei confronti della bimba. Si mette proprio in una piazzetta, dove alcune persone passano. Un po’ in disparte ma non troppo, visibile.
La bimba fa degli urletti, ride di gusto, ripete alcune brevi frasi sempre uguali.
Loro rimangono lì. E noi ce ne andiamo dopo un po’. Meravigliati.
La mattina seguente decidiamo di ripartire.
Abbiamo ritrovato la motivazione per continuare il nostro percorso.

I bambini autistici che conosco, mi trasmettono un po’ la sensazione di trovarmi in un sentiero che si interrompe. Non so più da che parte andare. Mi spaventa.
Sento di perdere i punti di riferimento. Non vedo più il cammino davanti a me . Non ci sono segnali, né mappe. Posso, a volte, contare su qualche persona gentile e sensibile che mi aiuta.
E’ il bosco più fitto in cui mi sia mai trovato. Manca molto alla meta. Se penso a quanto manca vorrei tornare indietro, scappare e tronare a casa alle mie sicurezze.
Abbiamo deciso di continuare, di affrontare la paura.
Un passo alla volta.
Mi guardo dentro e trovo alcune coordinate.
Scopro di avere una bussola, che mi guida anche in un sentiero accidentato. Impervio, lungo e faticoso.
Anche quando ho la sensazione di essermi perso, e di dovermi arrendere.
Con i bambini autistici, ci si sente spesso frustrati.
Non rispondono come vorremmo. Non migliorano i comportamenti che desideriamo modificare.
Non apprendono.
Poi ad un certo punto, quando meno te lo aspetti, forse quando smetti di chiedere loro cose che non possono fare, e ti rilassi un po’, accendono una luce. Picccola piccola.
Ma si vede. E questa lucina che mi dà di nuovo la speranza, la voglia di continuare.
Nel buio del bosco. Verso sera. Si vede una piccola luce.
Le luci che ho visto sono tante, per me significative.
Ne descriverò qualcuna. Come se fossero degli schizzi, dei bozzetti, rappresentativi di alcuni momenti, di alcuni stati d’animo che ho vissuto nel mio rapporto con i bambini autistici.

Inizia la quinta elementare, primo giorno di scuola.
L. mi vede, dopo una lunga pausa estiva, prende la rincorsa e mi salta addosso per abbracciarmi, con lo zaino e tutto. A momenti cado in terra...
Sembra che il tempo si sia fermato. Lo ritrovo così come lo avevo lasciato. Ho la sensazione che i discorsi che facciamo sui pesci, la natura, i pianeti siano stati interrotti 5 minuti fa. Sono passati quasi tre mesi.
Poi, mi faccio delle domande, su queste luci che si accendono nel buio di una condizione, quella della Sindrome di Asperger, che illude un po’tutti quanti.
Si pensa al genio, al talento artistico, alla memoria eccezionale. Condizionati dalle informazioni esterne, dai media, dal cinema.
Si riflette meno sulle difficoltà che hanno nelle cose che per noi sono più ovvie. Allacciarsi le scarpe, aprire e chiudere le cerniere, stare seduti. Un bambino che riesce a descriverti centinaia di animali ,nelle loro caratteristiche fisiche e comportamentali non riesce a fare le cose più elementari e ovvie per noi. E’ frustrante, mi piacerebbe fargli imparare le tabelline, le regole ortografiche, le lingue ecc.
Ma purtroppo non ce la fa. La sua attenzione per le cose che non appartengono al suo mondo, dura pochi minuti. Dopo entra in stati d’ ansia, si agita.
Non riesce a comprendere le più semplici leggi della realtà fisica. Non differenzia esseri animati da esseri inanimati. Parla col computer, si arrabbia con Dio. Pretende che ogni sua volontà diventi ordine.
Questo è uno schizzo, una bozza del mondo di un bambino con tratti autistici, ma che parla e che ha delle competenze linguistiche.
Che luci si possono accendere nella sua vita?
Tengo gli occhi ben aperti, per non perdermi nel buio. Non posso materializzare una strada bella e piena di luce, perché non c’è.
Lui ha un suo quaderno, dove scrive tutto degli animali che gli interessano. E’ un diario.
Ha un progetto in mente. ‘Una volta finito di scrivere sugli animali, scriverò di me stesso, la mia storia’ mi ha detto. Mi sembra di scorgere un bagliore, un raggio di sole che entra dalle tapparelle serrate, alla mattina presto.

A. è un gigante di 11 anni. Si esprime con le azioni, perché ha un vocabolario ridottissimo.
Ha un’aria pacata e mite, sorriso e occhi da star del cinema.
Ha bisogno di continua assistenza e supervisione.
Non percepisce il pericolo.
Una volta si è lanciato con la biciclettina a rotelle , adatta per un bambino piccolo, in mezzo ad una strada trafficata della città.
Andava velocissimo, sprigionando la potenza e la velocità di un uomo adulto. Io correvo dietro di lui e urlavo il suo nome per cercare di fermarlo . Poi, fortunatamente, rallenta davanti ad una rotondina. Riesco a fermarlo. Quasi mi viene un infarto.
Anche lui accende lucine a volte.
Siamo stati in montagna. L’ho visto camminare nel bosco. Portare con sé il suo peso attraverso i sentieri. Non si lamentava, seguiva il percorso, che a volte lo metteva a dura prova. Ma sentivo che ce la metteva tutta.
Non protestava, non aggrediva, stava insieme a noi.
Come se non fosse più il bambino che in alcune situazioni in cui non riesce a comunicare i suoi stati, graffia, calcia, urla.

S. è un bambino con tratti autistici, anche se nessuno gli ha mai fatto una diagnosi precisa.
Vive in due mondi contemporaneamente. Si adegua al nostro mondo, mostrandosi socievole obbediente e gentile. Allo stesso tempo è distante, racconta frammenti di esperienze non immediatamente comprensibili. Mancano i presupposti per condividere il suo mondo.
Ogni tanto arriva un’onda da lontano che bagna la terraferma. Qualche spruzzo di un mondo che rimane distante, lontano, sfuocato. Ciò che mi tiene in contatto a lui sono quelli che chiama gli ‘scherzi’, che sono dei giochi ‘verbali’, ai quali io mi adeguo, pur senza comprenderli fino in fondo. Lui ride divertito.
A volte è troppo difficile cogliere e descrivere le dinamiche che sottendono a questi comportamenti che paiono apparentemente ripetitivi e noiosi.
Per me è utile cambiare punto di osservazione, utilizzare una nuova ottica.
Per potere accorgermi delle lucine, devo prestare attenzione a ciò che accade senza giudicarlo, aprendomi all’ esperienza, mettendo in discussione i miei preconcetti e pregiudizi.
Nella mia esperienza è così che ho visto le lucine dei bambini autistici.
Sono lucine che mi hanno permesso di trovare il coraggio di continuare, di affrontare la fatica, lo stress, la mancanza di risultati.
Sono piccoli segnali ma ci sono.
Queste lucine sono i segnali che i bambini autistici ci mandano, nelle interazioni che abbiamo con loro. Ci dicono della loro presenza su questa terra. Sono tracce di vita.

* pag.1 di ‘Sentieri Interrotti’ di Martin Heidegger, ed. La Nuova Italia, 1968.

I nomi dei bambini sono stati modificati, nel rispetto della loro privacy.


Ringrazio: 
Luca Zizzi, educatore e filosofo per il continuo confronto e dialogo sulle tematiche relative all’Autismo.
Elisa Lusuardi, Psicologa. Per le emozioni e l’affetto che condividiamo quotidianamente e per l’esperienza vissuta insieme nel Cammino di Santiago.
Federica Monti per l’attenta correzione e supervisione del testo.

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